
La menopausa è una fase fisiologica che riguarda tutte le donne, e sempre più spesso le coglie nel pieno della carriera. Eppure sul posto di lavoro è rimasta a lungo un tabù o una questione privata, ignorata nelle politiche aziendali. Questo silenzio ha conseguenze concrete: le donne in menopausa costituiscono il segmento di forza lavoro a crescita più rapida, circa l’11% della forza lavoro nei paesi del G7 (ILO). In Italia si stimano oltre 10 milioni di donne tra 45 e 60 anni (ISTAT).
Con l’invecchiamento della popolazione, queste cifre sono destinate ad aumentare. Non considerare la menopausa come tema di workplace welfare apre la porta a trattamenti diseguali e discriminazioni. La questione sta conquistando spazio anche a livello istituzionale: in un’interrogazione parlamentare, deputate e deputati europei chiedevano già nel 2022 alla Commissione Europea quali azioni si intendessero intraprendere per mitigare i rischi di discriminazione delle donne in menopausa sul posto di lavoro.
Ignorare la menopausa al lavoro significa escludere implicitamente un gruppo di persone nel momento in cui potrebbero aver più bisogno di supporto. Molte donne attraversano questa fase nel pieno della maturità professionale (tra i 45 e i 55 anni hanno spesso 25 - 30 anni di esperienza alle spalle) e offrono competenze preziose. Tuttavia, i sintomi possono essere debilitanti: vampate di calore, insonnia, ansia, difficoltà di concentrazione, affaticamento cronico e sbalzi d’umore minano la sicurezza di sé e la produttività. La pressione di “dover rendere come prima” genera ulteriore stress e isolamento.
Non sorprende dunque che la menopausa sia oggi indicata come seconda causa di abbandono del lavoro femminile dopo la maternità (BBC, 2024). In situazioni estreme, circa una donna su dieci in Europa arriva a lasciare il proprio impiego a causa della menopausa, sopraffatta dalla difficoltà di conciliare salute e lavoro o dalle ripercussioni psicologiche. Nel solo Regno Unito, si stima che quasi un milione di lavoratrici abbiano lasciato il lavoro per motivi legati ai sintomi menopausali.
Questi abbandoni rappresentano una grave perdita di talenti ed esperienza per le aziende e la società. Inoltre, molte di coloro che restano soffrono in silenzio: in un sondaggio internazionale condotto da Vodafone, il 62% delle donne in menopausa ha dichiarato che i sintomi hanno influito negativamente sul lavoro, ma un 33% ha ammesso di aver nascosto il proprio malessere in ufficio per paura di stigma. Quasi la metà ritiene che parlare di menopausa in azienda sia ancora tabù, e il 44% prova vergogna a chiedere aiuto o adattamenti. Questa mancanza di apertura porta molte a sentirsi sole: oltre due terzi descrivono l’esperienza in ufficio come isolante e priva di riferimenti.
Le conseguenze non si fermano al disagio individuale: il 79% delle donne riferisce ricadute fisiche e psicologiche concrete sul lavoro, da riunioni interrotte dalle vampate a notti insonni che compromettono la concentrazione.
Sostenere le dipendenti in menopausa non è solo una questione etica, ma anche di business. Le assenze per malattia, il turn-over e il calo di produttività collegati ai disturbi menopausali hanno un impatto economico misurabile. Una ricerca della Mayo Clinic negli USA ha stimato in 1,8 miliardi di dollari l’anno il costo in produttività persa dovuto ai sintomi della menopausa, tra giornate di lavoro saltate e performance ridotta. A livello globale, la società di consulenza Frost & Sullivan calcola perdite di produttività attorno ai 150 miliardi di dollari annui, che superano addirittura gli 800 miliardi se si includono i costi sanitari correlati.
Creare ambienti “menopause-friendly” porta vantaggi misurabili: secondo il Chartered Institute of Personnel and Development, le aziende che introducono programmi di supporto alla menopausa registrano maggiore retention delle dipendenti senior, miglior engagement e produttività e meno assenze per malattia e turnover. In altri termini, investire nel benessere ormonale delle lavoratrici conviene anche in termini di risultati e continuità aziendale.
Diventare un’azienda attenta alla menopausa significa agire su più fronti, integrando questo tema nelle politiche di welfare e diversity & inclusion. Le linee guida internazionali convergono su alcune misure chiave:
● Cultura aperta e formazione: Il primo passo è rompere il silenzio. L’Organizzazione Internazionale del Lavoro e la Commissione Europea sottolineano la necessità di portare la menopausa nel discorso pubblico e aziendale, così da prevenire trattamenti iniqui. Le aziende dovrebbero incoraggiare conversazioni senza imbarazzo, attraverso campagne interne di sensibilizzazione e formazione specifica per people manager e HR. Formare i responsabili significa dar loro gli strumenti per riconoscere i segnali e gestire le conversazioni in modo empatico e riservato, senza minimizzare né stigmatizzare. In un’indagine CIPD (UK) del 2023, oltre il 57% delle lavoratrici ritiene utile introdurre programmi di educazione sulla menopausa in azienda: la conoscenza diffusa crea un ambiente più comprensivo per tutti, anche per i colleghi maschi (tra i quali l’80% riconosce che le donne possono necessitare di pausa per gestire i sintomi gravi)
● Adattamenti del posto di lavoro: Piccoli accorgimenti logistici possono avere un grande impatto sul benessere quotidiano. Ad esempio, garantire un’adeguata climatizzazione e ventilazione degli ambienti (con possibilità di regolare la temperatura individualmente o disporre di ventilatori) e l’accesso ad acqua fresca aiuta a mitigare vampate e sudorazione. Analogamente, consentire maggiore flessibilità su abbigliamento e uniformi (privilegiando tessuti traspiranti e comodi) migliora il comfort. È importante predisporre zone di relax o spazi riservati dove una dipendente possa riposare o gestire un momento di malessere in privacy. Per i ruoli a contatto col pubblico, andrebbe facilitata la possibilità di fare pause extra durante la giornata in caso di sintomi acuti (es. una forte vampata). Queste misure sono spesso a costo contenuto, ma dimostrano grande attenzione e riducono concretamente il disagio.
● Flessibilità e tutela della salute: Un approccio menopause-friendly include il ripensare orari e modalità di lavoro. Orari flessibili, smart working o part-time temporanei possono aiutare una persona a gestire giorni particolarmente difficili senza dover prendere un giorno di congedo. Alcune organizzazioni pionieristiche stanno introducendo permessi specifici per menopausa: in Australia, ad esempio, esistono contesti in cui alle lavoratrici spettano giorni di congedo retribuito per menopausa oltre ai normali permessi malattia. La società finanziaria australiana Future Super offre 6 giornate annue di congedo (mestruale o menopausale) extra, senza bisogno di certificato medico, e ha reso pubblica la propria policy affinché altre aziende possano prenderla a modello. In Italia il dibattito è appena iniziato: la ricerca del gruppo Essity 2023 rivela che solo il 6% delle italiane in menopausa dispone di permessi specifici per i sintomi (perlopiù non retribuiti), mentre ben il 13% ha dovuto usare ferie o permessi propri per affrontare i disturbi. Tuttavia, il 61% degli intervistati si dice favorevole all’introduzione di permessi dedicati a questa fase, segno di una crescente apertura sul tema.
● Supporto sanitario e psicologico: Essere inclusivi significa anche offrire alle dipendenti risorse concrete per stare meglio. Le aziende più avanzate mettono a disposizione consulenze mediche personalizzate (ad es. accesso facilitato a ginecologi o endocrinologi), programmi di assistenza psicologica (per affrontare ansia, depressione o calo di autostima collegati alla menopausa) e iniziative di benessere olistico, come corsi di mindfulness, yoga, nutrizione per la menopausa. Molte di queste possono rientrare nei piani di welfare aziendale o nelle convenzioni sanitarie integrative. Ad esempio, alcuni grandi gruppi internazionali hanno inserito nei loro Employee Assistance Program sessioni dedicate di counseling e mindfulness per le dipendenti in menopausa.
In sostanza, diventare “menopause-friendly” significa incorporare la menopausa nelle normali prassi di wellbeing aziendale: dalle politiche di gestione delle assenze (es. prevedendo esplicitamente i sintomi menopausali come causa legittima di malattia senza penalizzazioni) ai programmi di onboarding e formazione continua che informino tutto il personale su questo tema. Importante è anche adottare una tolleranza zero verso atteggiamenti derisori o stigmatizzanti: nessuna donna dovrebbe subire bullismo o sarcasmo per vampate o altri effetti della menopausa. Al contrario, normalizzare il linguaggio e trattare la menopausa come parte integrante della salute sul lavoro crea un clima di fiducia in cui le persone si sentono libere di esprimere i propri bisogni.
A livello internazionale, cresce il numero di imprese che fanno da apripista su questo fronte, dimostrando nei fatti che il cambiamento è possibile. Nel Regno Unito – paese all’avanguardia sulla menopausa in azienda – oltre 200 aziende hanno già ottenuto la certificazione di luogo di lavoro “Menopause Friendly”. Colossi bancari e assicurativi come HSBC, Aviva, Lloyds Bank, enti pubblici come il servizio sanitario (NHS) e molte altre realtà hanno implementato politiche dedicate, con l’obiettivo dichiarato di migliorare il clima interno e ridurre le assenze per malattia legate alla menopausa.
Diverse aziende britanniche offrono giorni di congedo retribuito per chi affronta sintomi severi (ad esempio la sede UK-Irlanda dell’agenzia di comunicazione Edelman concede 10 giorni l’anno di permesso pagato a chi è in menopausa o a chi la supporta in famiglia).
Un’altra agenzia creativa di Londra, Dark Horses, ha addirittura reso open-source la propria policy sulla menopausa, condividendola pubblicamente così che altri datori di lavoro possano adottarla. Sul fronte corporate, il gruppo multinazionale Diageo (settore beverage) ha lanciato linee guida globali sulla menopausa in vari paesi – inclusi Stati Uniti, Canada, UK – prevedendo per le dipendenti counseling dedicato tramite l’EAP, sessioni di mindfulness e soprattutto maggiore flessibilità su orari e gestione del lavoro nei periodi critici (comprese modifiche alle modalità di lavoro e tutele sulla retribuzione in caso di malattia). Vodafone, dopo aver scoperto tramite survey interne che il 66% delle proprie dipendenti sentiva il bisogno di più supporto sul tema ha avviato un programma globale di formazione e sensibilizzazione rivolto a tutto il personale.
E in Italia? Benché il tema sia relativamente nuovo, emergono le prime iniziative. L’INAIL e associazioni professionali hanno iniziato a diffondere linee guida sull’adeguamento dei luoghi di lavoro (illuminazione, temperature, turni) alle esigenze delle donne over50. Insomma, qualcosa si muove: sempre più datori di lavoro riconoscono che un ambiente inclusivo deve tenere conto anche di questa realtà.
In Pausetiv crediamo che adottare misure aziendali per il benessere della forza lavoro in menopausa sia non soltanto un gesto di civiltà nei confronti delle lavoratrici, ma un investimento strategico. Significa evitare che competenze preziose vadano perse per mancanza di comprensione, significa migliorare il benessere organizzativo e, di riflesso, la produttività. Una leadership lungimirante oggi sa che anche gli aspetti un tempo considerati “tabù” fanno parte dell’esperienza delle persone: riconoscerli è indice di maturità aziendale. Del resto, la menopausa non è una malattia, ma un passaggio naturale. Riconoscerla e gestirla con rispetto significa valorizzare l’esperienza e la professionalità delle donne, anziché perderle per mancanza di sostegno.
I servizi Pausetiv sono già disponibili sulle piattaforme di welfare aziendale Jointly e Day Welfare: le lavoratrici interessate e che hanno accesso a queste piattaforme possono usare i crediti welfare per prenotare una visita con le specialiste Pausetiv, dopo aver effettuato l’iscrizione.
Pausetiv offre anche percorsi di valutazione e misurazione dell’impatto della menopausa in azienda, educazione e formazione per dipendenti e people manager, supporto per lo sviluppo di politiche aziendali inclusive sul tema della menopausa e opportunità di offrire i servizi di telemedicina alle proprie dipendenti come parte dei benefit aziendali.
Visita la nostra sezione dedicata alle aziende e richiedi più informazioni.
Se vuoi saperne di più, ascolta la nostra founder Clarice Pinto in “Opening the Conversation on Menopause”, l’ultimo episodio di The LEADing Edge Podcast.

