
Per decenni la menopausa è stata considerata un fatto privato, confinato alla sfera individuale. Oggi, la ricerca scientifica e i dati socio-economici ci dicono il contrario: la menopausa è un tema di salute pubblica che ha ricadute concrete sul lavoro, sulla sanità, sull’equità di genere e sulla produttività di interi Paesi.
Si stima che entro il 2030 oltre 1,1 miliardi di donne nel mondo vivranno la fase della menopausa (Fonte: European Menopause and Andropause Society, 2022). In Italia, le donne tra i 45 e i 65 anni rappresentano circa un quarto della popolazione femminile (ISTAT, Fondazione Onda).
L’età media di insorgenza è di 51 anni, un momento in cui molte donne sono pienamente attive nella vita professionale, familiare e sociale.
La menopausa, dunque, non è un evento marginale ma una transizione che accompagna una fase di alta responsabilità economica e relazionale. Ignorarla significa trascurare un fattore determinante del benessere collettivo.
Secondo l’EMAS (Menopause, Wellbeing and Health, 2022), la riduzione degli estrogeni influenza numerosi sistemi biologici: il cuore e l’apparato cardiovascolare, la densità ossea e il conseguente rischio di osteoporosi, il metabolismo, le funzioni cognitive e l’umore.
Una diagnosi tardiva o errata dei sintomi può portare a un aumento di visite mediche superflue, a un maggior assenteismo sul lavoro e allo sviluppo di patologie correlate croniche.
Eppure, in Europa solo una donna su quattro riceve una diagnosi corretta o un trattamento adeguato. La mancanza di formazione specifica nel personale sanitario e la scarsità di percorsi dedicati generano un circolo vizioso: maggiori costi, minore prevenzione, peggiore qualità della vita.
Il report The Menopause Penalty (Institute for Fiscal Studies, 2024) ha stimato che la menopausa può comportare una riduzione media del 20% del reddito nelle donne che vivono sintomi moderati o gravi, con un aumento delle assenze e un maggior ricorso ai sussidi di welfare. A livello globale, Bloomberg Economics ha stimato 150 miliardi di dollari di perdite annuali in produttività legate a sintomi non gestiti.
Dietro questi numeri si nasconde un dato ancora più preoccupante: la mancanza di politiche sanitarie e aziendali inclusive contribuisce alla disuguaglianza di genere sul lavoro.
Secondo la ricerca Donne italiane e menopausa (Fondazione Onda, 2014) e un'indagine Censis 2021, oltre il 70% delle donne italiane considera la menopausa un evento fisiologico, ma più della metà riferisce sintomi che impattano sulla qualità della vita.
Solo il 7,6% utilizza una terapia ormonale sostitutiva, mentre la maggioranza ricorre a rimedi naturali o nessun trattamento.
Questa bassa adozione di terapie non è quasi mai una scelta consapevole, quanto piuttosto il risultato di una profonda carenza informativa e culturale. La salute femminile resta spesso ai margini delle agende pubbliche, nonostante la crescente evidenza che la prevenzione ormonale e metabolica può ridurre il rischio di malattie cardiovascolari e osteoporosi a lungo termine.
Considerare la menopausa un tema di salute pubblica significa adottare una prospettiva di genere nella medicina preventiva.
Le politiche sanitarie dovrebbero includere programmi di screening e valutazione specifici per le donne over 40, formazione medica dedicata alla gestione della menopausa, accesso equo alle terapie ormonali e alle alternative non farmacologiche, campagne di informazione e politiche aziendali menopause-friendly.
Si tratta di un investimento, non di un costo. Come dimostrano i dati Censis (Welfare Aziendale 2023), le aziende che implementano programmi di salute personalizzati migliorano produttività, engagement e retention, con benefici economici diretti.
Pausetiv nasce proprio da questa consapevolezza: parlare di menopausa significa promuovere salute pubblica, equità e benessere sociale.
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